Antropologia del Turchese

Ellen Meloy, autrice del Libro Antropologia del Turchese ci porta alla scoperta del legame che esiste tra colori, luoghi ed esperienze di vita. Una raccolta di saggi in cui il colore domina sulle vicende del passato e del presente di Ellen, dove ogni sfumatura è il soffio di un ricordo e di una nuova consapevolezza. Nasce una grande domanda; perchè tra tanti colori proprio il Turchese?

Forse perchè, come dice Ellen, è un colore sfuggente e difficile da definire proprio come lo sono i ricordi nostalgici di un passato che non c’è più. In bilico tra il verde e l’azzurro deve il suo nome a una particolare pietra che per i nativi americani aveva poteri magici.

“La turchese, si forma in luoghi aridi, polverosi, luoghi di terra nuda, esposta. Abita esclusivamente la geografia dell’ascetismo, fra rosse spaccate dal sole e sporadica flora. In una palette, un frammento di turchese è un foro aperto verso il cielo”.

Ogni colore ha una storia e le storie sono il collante di ogni cultura.

I ricordi si incastonano nella cornice dei luoghi in cui abbiamo vissuto le esperienze, ed ecco che Ellen ci porta nell’Ovest americano:

  • nelle piscine della California, in cui da bambina avrebbe voluto averne una nel giardino di casa
  • tra i canyon dello Utha, di straordinaria bellezza, in cui Ellen e il suo compagno hanno deciso di vivere. Tra le spaccature delle rocce, gli occhi si perdono dinanzi al mosaico di sfumature del turchese quando incontra la luce dei canyon
  • e ancora tra le acque turchesi delle Bahamas, dove Ellen si perde sulle tracce di vecchi antenati schiavisti

Questo straordinario libro, è stato pubblicato da Black Coffee, nella traduzione di Sara Reggiani.


Ellen Meloy, grazie al suo capolavoro arrivò finalista al premio Pulitzer nel 2003, un anno prima della sua morte improvvisa.

La stessa Reggiani, nella prefazione scrive:

“Per me Antropologia del turchese, aveva molto a che vedere con il concetto di casa, in ogni luogo in cui ho vissuto – mare, montagna o città che fosse – mi sono sempre sentita di passaggio, una straniera. Non sono brava a stare ferma. Ma qualche anno fa, durante un viaggio in Arizona, ho conosciuto il deserto americano e da allora non sono più stata la stessa. Mi è caduto un peso dal cuore”.

Penso che ognuno di noi, abbia un colore preferito. Un colore che gli si addice. La mia riflessione è; il colore rappresenta la traccia di chi siamo?

Ricordo il colore rossastro della sabbia mescolata alla roccia, che i miei occhi hanno incontrato nella Monument Valley, durante il tribal tour, nella vacanza estiva dello scorso anno. Mentre la mia attenzione era presa dai racconti della guida Sandrea, una fonata di vento ha portato via il mio cappello di paglia, che resterà per sempre li, e insieme a lui anche una parte di me.


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